In questo articolo cercherò di offrire una prospettiva sul ruolo avuto da Internet per quanto concerne il Personal Branding.
Da tempo infatti, come dice Gandini,
I media digitali hanno iniziato a essere usati come uno strumento professionale. La logica che c’è dietro è manageriale, strumentalmente orientata verso la cura di un’immagine professionale, la coltivazione di relazioni sociali e la costruzione di una reputazione professionale, che sembra essere un aspetto sempre più determinante per il successo professionale e la progressione di carriera in un mercato del lavoro frammentato e altamente individualizzato
(Gandini A., The Reputation Economy. Understanding Knowledge Work in Digital Society, Palgrave Macmillan).
L’economia della reputazione
I social network, grazie alla loro misurabilità, hanno contribuito a far crescere il bisogno di quantificare noi stessi, le nostre relazioni, i nostri comportamenti. Si pensi al defunto Klout Score, il sistema per misurare la reputazione digitale basato sul numero di connessioni e di interazioni sul web. Il numero da 0 a 100 veniva calcolato partendo dal grado di interazione nei profili utente di siti popolari di social networking, tra cui Twitter, Facebook, Google+, LinkedIn, Four-square, Tumblr, Instagram, Pinterest.
Si determinava così quanto fosse influente il singolo utente. Oppure pensiamo all’ossessione che abbiamo sviluppato per le metriche personali, e per tutto ciò che è quantified self, dal numero di ore dormite che controlliamo ogni mattina sul nostro device al numero di passi verificabile sul nostro smart watch.
Più in generale, come afferma Hearn,
L’economia della reputazione online può essere letta anche come un sintomo sociale – la prova di un significativo sposta-mento delle modalità di espressione del sé in Occidente.
(Hearn A., Structuring feeling: Web 2.0, online ranking and rating, and the digital ‘reputation’ economy, “Ephemera: Theory and Politics in Organization”)
Secondo Hearn il successo del self branding è sostanziato dalla reputazione, che deve prima di tutto essere misurata e iconizzata. Risulta chiaro che l’emergere del social networking ha reso possibile la messa in scena del sé e la sua mediatizzazione. Ciascuno è in grado di creare o riprodurre dei contenuti, ed è a tutti gli effetti un medium e un brand allo stesso tempo. Per questo riteniamo particolarmente importante indagare in questa sede la relazione tra Personal Branding e Internet.
Abbiamo accennato in precedenza che fare Personal Branding non significa solamente fare pubbliche relazioni digitali, è molto di più. È però altrettanto vero che l’online ha un ruolo rilevante rispetto a come le persone raccolgono informazioni su aziende e altre persone.
E nel mercato del lavoro?
Ciò vale particolarmente per il mercato del lavoro. Secondo uno studio di Adecco Group, i candidati alla ricerca di un impiego utilizzano il web per valutare la reputazione delle aziende: “Il 72% dei candidati, infatti, ha dichiarato di aver iniziato a cercare informazioni di questo tipo su Google o altri motori di ricerca, mentre soltanto il 10% circa ha utilizzato piattaforme specifiche per questo tipo di informazioni, come Glassdoor o Kununu” (Martini A., Zanella S., Social Recruiter. Strategie e strumenti digitali per i professionisti HR, Franco Angeli).
Di converso, anche i selezionatori valutano con grande attenzione l’immagine che veicola online chi cerca lavoro, al di là del singolo curriculum che possono avere ricevuto in risposta a una offerta pubblicata: “Il 32% dei selezionatori dichiara di porre domande ai candidati sulla loro presenza sui social media”. C’è un dato ancora più allarmante: “Il 28% dichiara di avere scartato almeno una persona a causa di contenuti pubblicati online”. Ma non tutti i datori di lavoro sono uguali e la selezione 2.0 è diversa a seconda di diversi fattori. I recruiter che lavorano per grandi aziende attribuiscono maggiore valore alla selezione attra-verso i social media. Dicono Zanella e Martini:
È il 35% dei selezionatori che lavorano per grandi aziende (rispetto al 28% delle PMI) a chiedere informazioni sui comportamenti online dei candidati. I selezionatori delle grandi corporation, inoltre, investono sempre più tempo sui social media: gestiscono un maggior numero di profili e investono più tempo per cercare i candidati online. Quanto influiscono i social nella scelta di un candidato da parte di un’impresa? Partiamo dai motivi più comuni per l’esclusione online: la presenza di informazioni che contraddi-cono il CV, una valutazione negativa della personalità e la pubbli-cazione di immagini improprie o inopportune. Al contrario, la presenza di opinioni politiche espresse dai candidati si è rivelata irrilevante per i selezionatori, così come contenuti discriminatori pubblicati online.
(Martini A., Zanella S., Social Recruiter. Strategie e strumenti digitali per i professionisti HR, Franco Angeli, Milano 2017, contenente una sezione sul Personal Branding scritta da noi)
Proprio sulla base di queste considerazioni “ognuno deve avere ben chiaro di essere al 100% responsabile di quanto scrive e deve padroneggiare lo strumento. Può essere utile ricordare ai lettori l’importanza delle impostazioni della privacy, di come funziona Google, che basta uno screenshot per immortalare quanto è stato affidato al web, magari confidando in cancellazioni tardive”. Occorre curare con la massima attenzione il proprio “Google CV”.
Il nostro CV Online
Il vero Curriculum Vitae di ciascuno di noi, la prima pagina dei risultati che appaiono quando ci cercano online. Sono le informazioni su di noi a portata di un click…. [Una persona] ha appena scoperto il vostro nome e fa quello che facciamo tutti: vi cerca su Google.
Cosa trova? Trova un’immagine coerente ovunque? Individua rapidamente informazioni chiare? Per esempio potrebbe trovare da subito il vostro profilo Facebook e cominciare da questo il suo percorso per scoprire chi siete. Ma se questo è mal compilato e offre poche informazioni su di voi, magari senza neppure un link al profilo LinkedIn o al sito dell’azienda per cui lavorate, faticherà a farsi un’idea chiara di chi siete e perché dovrebbe fidarsi di voi.
Ma il reclutamento non è certamente l’unica area in cui la relazione tra Personal Branding e Internet si fa assolutamente rilevante. Ecco le più interessanti in questa lista:
- Oggi le persone possono “farsi media” grazie a Internet: vedremo le implicazioni degli user-generated content
- Internet ha facilitato l’incontro dell’offerta e della domanda: il tema del social recruiting diventa sempre più attuale ogni giorno che passa;
- Internet ha facilitato i processi di distribuzione facendo leva sulla disintermediazione, i professionisti della vendita possono dialogare direttamente con i potenziali clienti;
- Internet ha messo in contatto le persone, e questo fa sì che il network, unito a una strategia di Personal Branding ben finalizzata, diventi un asset chiave per ogni dipendente o professionista.
Con l’avvento dei social media le persone sono più libere di esprimersi, di auto-comunicarsi attraverso la loro identità digitale, e di connettersi e stringere relazioni proficue. Di fatto, se state leggendo il nostro sito è perché si è fatta sempre più evidente la necessità di lavorare su un Personal Brand (e non, badate bene, su un ego) in modo professionale e in concerto con gli obiettivi aziendali più ampi.
Vuoi applicare il Personal Branding nella tua azienda?
| ![]() |